In Italia 10mila startup innovative non sono iscritte ai registri ufficiali

f57e3 1460190235 Startup IV - In Italia 10mila startup innovative non sono iscritte ai registri ufficialiAttraverso l’analisi online e l’individuazione di imprese in cui fondi di venture capital, incubatori e altri operatori hanno investito, l’ultima edizione del rapporto Cerved Pmi 2016 è riuscita a definire quante piccole e medie imprese e startup innovative non sono iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese. Si tratta della sezione a cui possono registrarsi in base alle leggi 221/2012 e 3/2015 (quest’ultima è proprio quella che ha introdotto la categoria di “Pmi innovativa“). 

Su 16mila imprese innovative censite, 9.700 non sono iscritte. Dunque sono di fatto fuori dalla fotografia dell’innovazione dal basso, almeno per quanto possono saperne le istituzioni. Nel dettaglio, le startup innovative individuate sono in totale 12mila. Come noto circa 6mila sono iscritte mentre altrettante non si sono registrate in quel modo. Le Pmi innovative, invece, sono 4mila, quasi tutte ancora non iscritte: risultano alla sezione speciale solo 104 aziende.

Tornando ad allargare lo sguardo, i settori più popolati sono mobile e smartphone (3.971 fra startup e Pmi innovative), ecosostenibilità (2.500), biotecnologie (2.046), software e internet delle cose (1.672) con modellazione 3D, big data e internet app, ricerca e sviluppo e ingegneria a seguire.

Secondo il rapporto, l’ecosistema delle 12 mila le startup innovative iscritte e non iscritte muove un giro d’affari di circa due miliardi di euro e impiega 24mila addetti. Le ultime notizie, i finanziamenti-record alla rete di spazi di coworking Talent Garden (12 milioni di euro) e alla piattaforma Musement (10 milioni), lasciano ben sperare.

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Quello delle piccole e medie imprese produce invece ricavi per 24 miliardi di euro con 126mila addetti. Nel complesso, gli investimenti di entrambi i gruppi si sono mossi intorno a 1,7 miliardi di euro.

Quanto al resto, il rapporto – che è dedicato all’analisi dello stato di salute economico-finanziaria delle società italiane definibili appunto come Pmi, il cuore del tessuto produttivo nostrano – mostra che il network cresce in dimensioni e redditività, con passi in avanti che hanno riguardato anche i settori più colpiti dalla crisi come le costruzioni. Dopo un quinquennio, infatti, nel 2015 e nella prima parte del 2016 il numero delle Pmi è tornato a salire portandosi sopra 137mila unità (+0,4% sul 2014).

“I ricavi sono cresciuti del 3,1%, a tassi tripli rispetto all’anno precedente e circa la metà delle Pmi hanno un bilancio che classifichiamo come ‘solvibile’, in aumento di quasi dieci punti percentuali rispetto all’ultimo anno prima della crisi, il 2007 – ha spiegato Marco Nespolo, ad di Cerved – le Pmi si presentano quindi più solide, ma molta strada deve ancora essere fatta per recuperare i livelli di redditività pre-crisi”

Insomma, se tra il 2008 e il 2014 la crisi ha prodotto un’autentica emorragia di aziende con la scomparsa di 14mila società e una discesa da 150 a 136mila, l’anno scorso si è registrata un’inversione  di tendenza con un incremento limitato di 500 unità ma certo confortante. I dati Cerved evidenziano infatti un netto calo di chiusure: nel 2015, circa seimila imprese sono uscite dal mercato a seguito di procedure concorsuali o per liquidazione volontaria, con un calo del 22% rispetto all’anno precedente. Una direzione che sembra essere proseguita anche nella prima fase dell’anno in corso.

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